Tecnologia e autismo: perché alcuni bambini trovano calma negli strumenti digitali (e cosa ci dice davvero la ricerca)

Una scena quotidiana

Capita spesso, a casa o a scuola.
La stanza è piena di voci, richieste, movimento continuo. Gli stimoli sensoriali si sommano: luci, rumori, odori, imprevisti.

Nel mezzo della confusione, il bambino nello spettro autistico si avvicina al tablet o al computer.
Lo accende, apre un’app che conosce bene, guarda il display da vicino, in silenzio.

Mentre tutto intorno è imprevedibile, lì trova qualcosa che non lo mette in difficoltà.

Lo schermo risponde sempre nello stesso modo.
A differenza dell’ambiente intorno, mantiene un tono stabile.
Non c’è bisogno di interpretare espressioni, allusioni o segnali sociali complessi.
E non arrivano richieste improvvise.

Per un adulto può sembrare un “ritiro”, un isolamento.
Ma per alcuni bambini nello spettro, quel momento è una pausa sensoriale.
Un modo per ritrovare equilibrio. E proprio da qui nasce una domanda importante: cosa ci dice la ricerca su questa relazione tra tecnologia e benessere?


Cosa dice davvero la ricerca su tecnologia e autismo

Negli ultimi anni, infatti, diversi studi internazionali hanno analizzato l’uso di strumenti digitali come computer, tablet, software educativi, robot ecc. nei bambini con ASD.

I risultati sono chiari su un punto importante:
la tecnologia non è una “soluzione magica”, ma può diventare un ambiente strutturato e prevedibile che, per alcuni bambini, riduce la fatica cognitiva e favorisce l’apprendimento.

Due dati utili:

  • Una meta-analisi del 2021 (12 studi, interventi digitali) mostra che software, app e strumenti informatici possono avere un effetto positivo moderato sulle abilità sociali, attentive e comunicative se usati in modo guidato.
    (Fonte: Ramdoss et al., aggiornata in meta-analisi riportata su PubMed)
  • Una review del 2019 su 94 studi evidenzia che molti bambini con ASD trovano negli ambienti digitali un contesto “più gestibile”, con feedback chiari e meno ambiguità, migliorando coinvolgimento e partecipazione.
    (Fonte: Valencia et al., Sensors, MDPI)

Questi risultati non significano che “la tecnologia fa bene a tutti”.
Significano che per alcuni, se inserita in un progetto educativo, può diventare uno spazio dove il bambino si sente meno sopraffatto.


Cosa comunica davvero quel comportamento

Un bambino che si avvicina alla tecnologia non sta dicendo “non voglio nessuno”.
A volte sta dicendo:

  • “Ho bisogno di ridurre gli stimoli.”
  • “Mi serve un ambiente che capisco subito.”
  • “Qui posso controllare ciò che succede.”
  • “Qui mi sento competente.”

Per alcuni bambini nello spettro, attività digitali semplici e prevedibili possono risultare più gestibili rispetto a contesti ricchi di stimoli. Quando l’ambiente è caotico, avere tra le mani uno strumento che risponde sempre allo stesso modo può offrire una sensazione di ordine e aiutare a ritrovare un po’ di calma. Non vale per tutti, ma è una reazione che molti adulti osservano nella pratica quotidiana.

Il monitor non chiede di decifrare sguardi o ironie.
Non giudica.
Non cambia improvvisamente.

Per chi fatica con la complessità sociale, tutto questo può essere un sollievo.


Il ruolo dell’adulto

Quando un genitore o un insegnante osserva un bambino che cerca spesso il tablet, la prima tentazione è preoccuparsi: “Sta troppo al computer”.

La ricerca, invece, suggerisce un approccio diverso:
la tecnologia funziona quando non è lasciata a sé stessa, ma quando diventa parte di una relazione.

Il ruolo dell’adulto è fondamentale:

  • non vietare in blocco,
  • non concedere senza limiti,
  • ma integrare la tecnologia nella giornata educativa, come spazio di regolazione e di apprendimento.

Gli studi mostrano che gli strumenti digitali danno risultati migliori quando l’adulto:

  • definisce tempi chiari,
  • sceglie attività coerenti con il bisogno del bambino,
  • affianca e osserva,
  • collega ciò che avviene sullo schermo al mondo reale.

Non è il monitor che fa la differenza:
è come l’adulto lo usa con il bambino.


Segnali da imparare a riconoscere

La tecnologia, per alcuni bambini nello spettro, non è una distrazione: è un linguaggio.
E ci sono segnali che vale la pena osservare:

  • il corpo che si rilassa quando la confusione diventa troppa
  • la concentrazione che aumenta su un compito digitale prevedibile
  • la capacità di seguire sequenze chiare meglio che in attività caotiche
  • l’attenzione che emerge quando l’ambiente è “ordinato” come un software

Non dobbiamo interpretarli come chiusura emotiva.
Sono strategie di adattamento.


Strategie pratiche per educatori e genitori

Integra la tecnologia in modo strutturato

Usa sessioni brevi, anticipate, con un obiettivo preciso.

Scegli strumenti adatti

Meglio app educative, programmi visivi, software prevedibili, non contenuti caotici o non filtrati.

Usa la tecnologia come mediatore

Guardare un video insieme, costruire qualcosa sul display, programmare un piccolo robot: l’attività diventa condivisione, non isolamento.

Collega il digitale al mondo reale

Se un bambino registra un suono, scattate una foto; se crea qualcosa, stampatelo; se usa un timer digitale, agganciatelo alla routine.

Rispetta i momenti di decompressione

Per alcuni bambini la tecnologia è una pausa sensoriale.
Una pausa calibrata può prevenire sovraccarico e crisi.


Quando una scelta diventa opportunità

Negli studi longitudinali emerge che una parte significativa dei giovani adulti con ASD sceglie percorsi tecnici o STEM più spesso dei coetanei neurotipici. Non per stereotipo, ma perché ambienti strutturati, regole chiare e feedback immediati possono essere coerenti con il loro modo di pensare.

Non significa che “sono portati per il computer”:
significa che, per alcuni, la tecnologia è un terreno più leggibile, dove sentirsi competenti.


Una riflessione personale

Come docente di sostegno e informatico, ho imparato che tecnologia e autismo non sono poli opposti.
A volte sono una combinazione che dà respiro.

Ho visto bambini che non riuscivano a concentrarsi in classe ritrovare calma su un software semplice.
Ho visto ragazzi con grande ansia sociale aprirsi grazie a una costruzione digitale condivisa.
Ho visto genitori scoprire che un’attività tecnologica non “ruba tempo alla relazione”, ma la rende più possibile.

La tecnologia non deve sostituire nulla:
deve aiutare.

E quando la usiamo con rispetto, senza imporre e senza temere, diventa un ponte.
Un ponte verso il bambino, non lontano da lui.


FAQ

Tutti i bambini autistici trovano beneficio dalla tecnologia?

No. La risposta è individuale. Gli studi mostrano che alcuni bambini traggono beneficio, altri meno. Serve osservazione.

La tecnologia può sostituire la relazione?

No. Può però facilitarla, se usata come mediatore e non come rifugio.


Qualche riflessione per chiudere

Capire perché un bambino nello spettro si avvicina a un dispositivo digitale significa capire una parte del suo mondo interno: ciò che lo calma, ciò che lo aiuta a orientarsi, ciò che gli permette di sentirsi competente.

Nel mio libro Colora e Impara – Emozioni e Routine per Bambini nello Spettro Autistico raccolgo strumenti che aiutano gli adulti a osservare questi bisogni e a trasformarli in occasioni educative, senza forzare, senza negare, senza interpretare.

Perché ogni bambino merita uno sguardo capace di leggere i suoi modi, non di giudicarli.


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