Una scena quotidiana
Può capitare che, a casa o a scuola, ti avvicini al bambino per un gesto semplice: un abbraccio, una carezza, un saluto un po’ più affettuoso del solito.
E proprio in quell’istante succede qualcosa che ti spiazza.
Il bambino si scansa leggermente, abbassa gli occhi, oppure fa un piccolo passo indietro senza dire nulla.
Non c’è rabbia. Non c’è rifiuto.
C’è solo un modo diverso di sentire quel momento.
Altre volte, invece, sembra non cercarti mai. Non chiede coccole, non dice frasi dolci, non corre verso di te come fanno altri bambini.
E poi, quando meno te lo aspetti, arriva con il suo gioco preferito e te lo appoggia accanto.
Non parla, non ti abbraccia, ma resta lì vicino a te.
Sono situazioni che fanno riflettere e, a volte, confondono.
Ti portano a chiederti se quel bambino provi affetto, se percepisca davvero la tua presenza, se senta il legame che tu senti verso di lui.
Eppure, proprio in questi piccoli gesti, spesso silenziosi, c’è una forma di amore che vale tantissimo.
Cosa comunica davvero l’affetto

Ogni bambino ha il proprio modo di esprimere le emozioni.
Nel caso dei bambini autistici, l’affetto non sempre passa dalle parole o dagli abbracci, ma dai gesti, dalla presenza e da piccole abitudini ripetute nel tempo.
Un bambino può evitare il contatto visivo perché gli risulta troppo intenso, ma scegliere comunque di sedersi accanto alla persona a cui è legato.
Può non dire “mi manchi”, ma cercare quella stessa persona appena entra in una stanza, portarle un oggetto, mostrarle un disegno.
Non è assenza di empatia.
È un modo diverso di stare in relazione con gli altri, filtrato da una sensibilità sensoriale spesso più forte e da un bisogno di proteggersi da stimoli che per noi sono normali, ma per lui possono essere faticosi.
L’adulto che osserva con attenzione può cogliere che dietro a molti comportamenti si nasconde un’emozione, un bisogno o una richiesta implicita.: sentirsi al sicuro, essere accettato, potersi esprimere senza essere giudicato.
Il ruolo dell’adulto

Per un genitore o un insegnante la cosa più importante è rallentare e osservare.
Non partire dall’idea di come “dovrebbe” essere l’affetto, ma chiedersi: come lo sta mostrando questo bambino, qui e ora?
A volte il bambino non vuole essere abbracciato, ma accetta volentieri di stare vicino.
A volte non parla, ma ascolta ogni parola.
A volte sembra distante, ma controlla sempre dove si trova l’adulto con lo sguardo.
Quando l’adulto risponde con calma, senza forzare il contatto fisico e senza interpretare ogni rifiuto come un “non ti voglio bene”, il bambino si sente più al sicuro.
Si sente più sereno, perché percepisce che il suo modo di stare al mondo viene rispettato.
In quei momenti, spesso inizia ad aprirsi un po’ di più, perché percepisce che la relazione è uno spazio in cui può restare se stesso.
Modalità affettive da imparare a riconoscere

Molti bambini nello spettro mostrano l’amore con gesti che agli adulti possono sembrare piccoli o “strani”, ma che per loro hanno un grande valore.
Un bambino può:
- appoggiare la testa vicino all’adulto senza guardarlo negli occhi
- imitare un gesto o una frase tipica di quella persona
- portare un oggetto importante solo a chi considera “suo”
- restare nella stessa stanza in silenzio, ma avvicinarsi pian piano
- sfiorare una mano e poi allontanarsi subito
Sono segnali di fiducia, di appartenenza, di legame.
Ogni gesto ripetuto nel tempo costruisce una forma di intimità che non passa per le parole, ma per la presenza.
L’adulto che impara a riconoscere questi segnali smette di chiedersi “perché non mi abbraccia come gli altri?” e inizia a vedere che quell’amore c’è, solo che si esprime in un codice diverso.
Strategie pratiche per educatori e genitori

- Osserva i momenti ricorrenti
Fai attenzione a quando il bambino cerca la tua presenza: al mattino, alla sera, dopo una giornata faticosa. In quei momenti spesso emergono i suoi modi più autentici di cercare vicinanza. - Rispetta i suoi limiti sensoriali
Se non tollera abbracci o carezze improvvise, prova a proporre forme di contatto più leggere: stare seduti vicini, condividere un’attività, parlare mentre si gioca. - Dai significato ai suoi gesti
Se ti porta un oggetto, se ti chiama per mostrarti qualcosa, se si siede accanto a te, rispondi come se ti stesse dicendo “voglio stare con te”. Questo rinforza la relazione. - Mantieni alcune routine affettive
Un saluto sempre uguale, una frase ripetuta alla sera, un piccolo rituale prima di andare a letto: sono punti fermi che aiutano il bambino a sentirsi sicuro e contenuto. - Condividi osservazioni con scuola e famiglia
Parla con insegnanti, terapisti e altri familiari su come il bambino mostra affetto. Avere uno sguardo comune aiuta tutti a leggere meglio i segnali e a non fraintenderli.
Quando l’amore si vede nei gesti

Molti bambini nello spettro usano i gesti al posto delle frasi.
Spostare un oggetto, avvicinare una sedia, cercare con lo sguardo una persona specifica sono modi per dire “io ti ho scelto”.
L’adulto che impara a leggere questi comportamenti non si ferma alla forma esterna, ma guarda il significato che c’è dietro.
Anche quando il linguaggio verbale è limitato o assente, la relazione può essere forte e profonda.
Con il tempo, se il bambino si sente accolto e non forzato, possono arrivare nuove parole, nuovi modi di spiegarsi.
Ma il primo legame spesso nasce da un gesto silenzioso, ripetuto molte volte, fino a diventare un “ti voglio bene” tutto suo.
Una riflessione personale

Nella mia esperienza di docente di sostegno e di genitore, ho imparato che l’affetto non è sempre dove siamo abituati a cercarlo.
A volte non è in un abbraccio spontaneo, ma in un libro portato ogni sera alla stessa persona.
Non è in un “ti voglio bene” detto ad alta voce, ma in un bambino che si siede vicino senza dire nulla, perché lì si sente al sicuro.
Ho visto bambini che sembravano distanti illuminarsi quando una persona specifica entrava in classe.
Non lo dicevano a parole, ma il modo in cui cambiava il loro corpo raccontava tutto.
Ogni volta che riusciamo a vedere questi segnali, facciamo un passo verso una scuola e una famiglia più inclusive, dove non è il bambino a doversi “aggiustare”, ma siamo noi adulti a imparare un nuovo linguaggio.
FAQ

Tutti i bambini autistici mostrano l’affetto nello stesso modo?
No. Ogni bambino ha il proprio modo di esprimere le emozioni. Alcuni sono molto fisici, altri più distanti; alcuni cercano spesso la presenza dell’adulto, altri preferiscono un contatto più discreto. L’importante è osservare il singolo bambino, senza confrontarlo continuamente con gli altri.
Se mio figlio rifiuta gli abbracci, significa che non mi vuole bene?
No. Può significare che il contatto fisico è troppo intenso o faticoso per lui. Il rifiuto dell’abbraccio non è un rifiuto della persona. Spesso lo stesso bambino che allontana un abbraccio cerca comunque la vicinanza in altri modi: stare nella stessa stanza, condividere un gioco, chiamare l’adulto in momenti per lui importanti.
Qualche riflessione per chiudere
Capire come un bambino nello spettro autistico esprime l’affetto significa restituirgli dignità e voce.
Quando un adulto impara a leggere i gesti, i silenzi e le piccole abitudini quotidiane, il bambino si sente riconosciuto e meno solo.
Da lì nasce la possibilità di costruire una relazione vera, fatta di rispetto reciproco e di tempi condivisi.
Nel mio libro “Colora e Impara – Emozioni e Routine per Bambini nello Spettro Autistico” ho raccolto scene di vita quotidiana e strumenti visivi pensati proprio per aiutare genitori e insegnanti a osservare meglio questi momenti, a riconoscerli e a farli diventare occasioni di crescita emotiva.
Perché ogni gesto, anche il più piccolo, può essere un modo unico e prezioso di dire “ti voglio bene”.

