Una scena quotidiana
Immagina di chiedere a un bambino di rimettere a posto i giochi o di sedersi per iniziare un compito. Lui ti guarda, scuote la testa e dice “no”.
Per molti adulti è solo un atto di disobbedienza. Ma spesso, dietro quel “no”, c’è un bisogno di controllo, non ribellione.
Il bambino potrebbe sentirsi confuso, sopraffatto o impreparato a cambiare attività. Per chi vive nello spettro autistico, il “no” diventa un modo per proteggersi da una richiesta che arriva troppo in fretta o senza spiegazioni chiare.

Perché i rifiuti meritano attenzione
Un “no” ripetuto non è necessariamente opposizione pura. Nei bambini autistici compare spesso quando:
- la richiesta è improvvisa o non prevedibile
- manca un supporto visivo che spieghi cosa accadrà dopo
- l’ambiente è troppo stimolante o caotico
Il rifiuto è quindi una forma di comunicazione. Il bambino non sta dicendo “non voglio collaborare”, ma “non so come gestire questa situazione”.

Strategie di de-escalation per evitare lo scontro
Quando la tensione cresce, l’adulto deve essere il primo a rallentare.
Parlare con tono calmo, usare poche parole e lasciare un piccolo tempo di attesa aiuta a spegnere la spirale del conflitto.
Ecco alcuni esempi pratici:
- Usa frasi brevi e tono pacato.
- Accompagna le parole con un gesto o un’immagine.
- Se possibile, allontana il bambino da fonti di rumore o confusione.
- Non forzare la risposta immediata: lascia spazio all’elaborazione.
La de-escalation non è permissività, ma un modo per riportare il bambino in una zona emotiva sicura, dove può tornare a capire e scegliere.

Quando il “no” diventa comunicazione
Molti bambini dicono “no” perché non sanno ancora dire “aspetta”, “non ora” o “ho paura”.
La comunicazione aumentativa e alternativa (CAA) offre strumenti concreti per esprimere questi bisogni.
Mostrare un simbolo come “pausa”, “più tardi” o “finito” aiuta il bambino a riconoscere e gestire le emozioni in modo più efficace.
Con il tempo, il “no” lascia spazio a parole o immagini che raccontano il bisogno reale.

La co-regolazione: calmarsi insieme
Quando l’adulto resta calmo, trasmette sicurezza.
Questo processo si chiama co-regolazione: la calma dell’adulto diventa il modello da cui il bambino impara a regolare se stesso.
Non è un risultato immediato, ma un percorso che costruisce fiducia reciproca.
Un bambino che sente comprensione e stabilità sarà più disposto a collaborare e meno incline alla chiusura.

Una riflessione personale
Nel lavoro quotidiano, vedo spesso adulti interpretare il “no” come sfida. In realtà è quasi sempre una richiesta di aiuto.
Capire questo cambia tutto: si passa dal conflitto alla relazione.
Ogni “no” può diventare un’occasione per conoscere meglio il bambino, se impariamo ad ascoltare ciò che comunica senza parole.

FAQ
Tutti i bambini autistici si oppongono con frequenza?
No, dipende dal profilo sensoriale e dal livello di comprensione. Alcuni dicono “no” solo in situazioni di stanchezza o sovraccarico, altri lo usano come risposta abituale finché non trovano un modo alternativo per esprimersi.
Come posso aiutare un bambino che dice sempre “no”?
Offri scelte, anticipa i cambiamenti con supporti visivi e non personalizzare il rifiuto. Ricorda che la calma dell’adulto è il primo strumento educativo.

Qualche riflessione per chiudere
Quando il bambino dice “no”, non è sempre per contraddire. Spesso cerca solo di riprendere controllo su una situazione che non comprende.
Con calma, prevedibilità e strumenti visivi, possiamo trasformare quel “no” in un punto d’incontro.
Nel mio libro Colora e Impara – Emozioni e Routine per Bambini nello Spettro Autistico ho raccolto materiali e routine visive che aiutano genitori e insegnanti a gestire i momenti di opposizione con serenità e rispetto.
Sono strumenti semplici e flessibili, nati dall’esperienza diretta in classe e in famiglia.

